Pubblicato il 10 Novembre 2023 su https://centroriformastato.it
Storicamente con la locuzione musica classica – quantunque non esista una definizione che possa racchiudere tutte le sfumature e le caratteristiche distintive di questo genere musicale – ci si riferisce alla musica colta, sacra e profana, appartenente alla cultura occidentale, che nasce e si sviluppa dall’XI fino al XX secolo. Il termine ‘classico’, è stato attribuito dai posteri e funge da modello per gli sviluppi musicali futuri. Presso istituzioni musicali, sistemi bibliotecari, fondazioni private e sul web è possibile attingere a un vastissimo repertorio di dati e informazioni riguardanti la storia della musica classica e le biografie di direttori d’orchestra, compositori, interpreti musicali e saggisti. La situazione delle donne nell’ambito della musica classica è però in gran parte inesplorata, avendo impedito, il ruolo subalterno rivestito dalla figura femminile nella società del passato, che venissero valorizzate e tramandate le loro attività e le loro opere.
Nei secoli scorsi, le donne che si dedicavano alla musica erano per lo più monache che coltivavano la loro propensione al canto e alla musica per accompagnare i momenti di preghiera e ragazze di buona famiglia, per le quali imparare a cantare e suonare uno strumento era una parte importante dell’educazione; erano però costrette a esibirsi in ambienti privati, come corti e salotti con scarsissime opportunità di vedere le loro abilità riconosciute in pubblico.
Nonostante l’esclusione, i divieti, la svalutazione che le donne hanno subito nei secoli, esse sono comunque sempre state presenti nel mondo della musica e, negli ultimi anni, stanno iniziando a essere riconosciute come figure significative all’interno degli studi di musica classica. «La musica è entrata ufficialmente nel dibattito culturale delle ‘emancipazioniste’ dal 1908, anno del primo congresso nazionale delle donne italiane”. Una convinzione importante circolava in quegli anni – una rivendicazione di autonomia creativa, necessaria per conquistare il titolo di compositore. “La donna non doveva copiare i colleghi, i modelli, i maestri, ma sulla base di uno studio egualitario, scrivere secondo scelte tecniche e estetiche proprie. Le compositrici più importanti, in realtà, hanno sempre operato con questa filosofia, anche se, indubbiamente – come sempre purtroppo nella storia – non in condizioni di pari opportunità e dignità professionale»1. Grazie anche a pubblicazioni di manuali e libri come Donne in musica (Armando Editore 1996), Almanacco delle virtuose, primedonne, compositrici e musiciste d’Italia: dall’A.D. 177 ai nostri giorni di Patricia Adkins Chiti (De Agostini, 1991), Note di donne. Musiciste italiane dal 1542 al 1833 (Youcanprint, 2015)di Daniela Domenici, o il Dizionario biografico delle donne lombarde 568-1968 (Baldini & Castoldi, 1995) e altri testi di Rachele Farina che includono nomi delle più importanti creatrici di musica, assistiamo a una maggiore divulgazione di monografie, biografie di compositrici prima sconosciute.
Sono in aumento anche cataloghi tematici, edizioni critiche, antologie, testi per aree geografiche, tesi di laurea e attività associative mirate al recupero e alla divulgazione della musica al femminile.
Aliette de Laleu, giornalista specializzata in musica classica, dal 2016 tiene una rubrica settimanale sul programma radio France Musique, dove decostruisce cliché, parla di femminismo ed esplora la musica tradizionale. Nel 2022 Stock Edition pubblica il suo lavoro Mozart était une femme. Histoire de la musique classique au féminin, tradotto in Italia nel 2023 da Laura Pettazzoni col titolo Mozart era una donna. Storia al femminile della musica classica (Edizioni Odoya). L’autrice prende a emblema del divario di genere della musica classica la pianista Maria Anna Mozart, sorella di Wolfgang Amadeus, soprannominata Nannerl, che, come si legge nelle recensioni d’epoca, è un “prodigio”, un “genio”, una “virtuosa” e, nel libro, ripercorre la storia della musica classica dall’Antichità ai giorni nostri. ”Quella del genere femminile è una lunga storia fatta di continue penalizzazioni, di sistematiche estromissioni. In ambito musicale, e più esattamente compositivo, questo genere di privazioni si fanno più lampanti che altrove: tutti, anche i meno avvezzi, potrebbero ricordare all’impronta alcuni nomi dei più grandi compositori della storia musicale, ma pochi, pochissimi, potrebbero menzionare a tal riguardo il nome di qualche compositrice. Eppure le donne e la composizione vantano una lunga sequela di nomi illustri che vanno ad affiancare, non senza una notevole dose di brani e repertori possibili, quelli maschili, e questo già a partire dal periodo rinascimentale»2.
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Per molti secoli le norme sociali hanno ritenuto la composizione un’attività inadatta alle donne, escludendole così dalla storia ufficiale della musica classica. Questo settore musicale non è, quindi, immune da stereotipi e rispecchia la tendenza alla segregazione di genere ampiamente studiata anche per altri percorsi professionali, culturali e universitari. Se, nel complesso, la divergenza tra presenza maschile e femminile nei conservatori non è rilevante, solo di recente, all’interno dei singoli corsi (così come accadeva nelle facoltà universitarie) si è attenuata la distribuzione disomogenea di allievi e allieve che evidenziava una distinzione tra ‘corsi da maschio’ e ’corsi da femmina’.
Gli strumenti e le attività musicali a cui le donne hanno avuto un accesso tardivo nel corso della storia, con una presenza femminile che, in alcuni casi, rimane tutt’ora al di sotto del 50%, sono gli ottoni, gli strumenti a percussione, le discipline compositive, improvvisative e direttoriali.
Si tratta di situazioni che presuppongono competenze, come vigore e autorevolezza, in contrasto con lo stereotipo femminile specifico della cultura patriarcale3. In questi settori non è stato possibile sviluppare una solida tradizione femminile cui far riferimento, sicché a essi, nell’odierna ‘democratica’ società occidentale, le donne si indirizzano ancora con fatica, avvalorando e autoalimentando la loro sottorappresentazione4. Negli ambiti formativi e professionali, legati da rapporto di reciproca influenza, la situazione è analoga. Dalla lettura dei dati si evince che a fronte di un’offerta di ‘risorse umane’ costituita negli ultimi anni, in alcuni casi, per oltre il 50% da donne, corrisponde un tasso di impiego femminile nelle orchestre (arpa esclusa) molto inferiore. Una ricerca dell’Università di Padova5 sulla percentuale di uomini e donne presenti nelle orchestre di 14 fondazioni liriche italiane registra che su 1257 professori e professoresse che compongono gli organici stabili gli uomini sono 919 e le donne 338, poco meno del 27% del totale. Un’altra indagine condotta, in questo caso, dal MIZ Musikinformationzentrum,centro di informazione musicale che riunisce rappresentanti di associazioni pubbliche e private e dei consigli dei 16 Länder tedeschi, rileva che nelle 129 orchestre che hanno ricevuto finanziamenti pubblici in Germania nel 2020, i musicisti impiegati sono stati 9.884 di cui meno del 40% donne – ma se si prendono in considerazione le orchestre di livello alto, la percentuale scende al 22%. Relativamente alle posizioni di leadership, come quelle di direttore, prime parti e solisti, le donne sono 1.156 su 4.070, cioè il 28,4%, ma nelle orchestre di alto livello la percentuale di maschi sale addirittura al 78% (721 su 923), mentre nelle compagini di rango inferiore le differenze tendono ad annullarsi, con le donne che si trovano quasi alla pari con i colleghi maschi6. «Anche nella scelta degli strumenti si trovano vistosi squilibri. Le percentuali più alte di donne si trovano nelle arpe (il 93,7%) e nei flauti (il 65,4%). Al contrario, gli ottoni tendono a essere nettamente preferiti dagli uomini con un’altissima concentrazione fra tube (98%), tromboni (96,5%), timpani e percussioni in generale (95,4%) e trombe (95%). Nella famiglia degli archi le donne sono più numerose fra i secondi violini (62,6%) che fra i primi, dove comunque prevalgono sui colleghi maschi (con il 59%). Il primo violino è soprattutto maschio: solo 62 sulle 206 posizioni esaminate sono occupate da donne (30%). Una situazione più bilanciata sembra esserci nelle orchestre d’archi dove il 49% degli orchestrali è donna, e tuttavia nelle posizioni più alte le donne sono solo il 33%, mentre in quelle più basse arrivano al 57%»7.
A complemento dei dati dell’indagine statistica del MiZ, è stato diffuso anche lo studio Women in High-Visibility Roles in German Berufsorchester che contiene i risultati di una ricerca, promossa da Musica femina münchen e dall’Archiv Frau und Musik di Francoforte sul Meno, condotta da Melissa Panlasigui, borsista della Cancelleria tedesca presso la Fondazione Alexander von Humboldt, con un master in direzione d’orchestra della Manhattan School of Music e due lauree in fisica e in musicologia conseguite all’University of California di Berkley. Panlasigui, dopo aver esaminato la stagione 2019/2020 di teatri e orchestre in Germania soprattutto dal punto di vista della struttura del management e della programmazione, rileva come, anche nel mondo musicale, la disparità fra uomini e donne sia molto evidente. Il suo studio offre una panoramica quantitativa dei tassi di partecipazione femminile per alcuni ruoli di leadership o a elevata visibilità, come quelli di solista, di direttore d’orchestra ospite e compositore. Le direzioni artistiche dei teatri lirici sono solo in piccola parte occupate da donne (10 contro 53 uomini), e la situazione è anche peggiore nelle direzioni musicali di teatri e orchestre (5 donne contro 120 uomini).
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Anche se rispetto a vent’anni fa il numero delle donne direttrici musicali è più che raddoppiato, partendo da 2 nel 2002 e arrivando a 5 nel 2020, per bilanciare la situazione c’è ancora molto lavoro da fare. Nei consigli di amministrazione degli enti musicali gli uomini sono in maggioranza nell’87% dei casi presi in esame, mentre solo nel 10% si ha una maggioranza femminile. Dall’analisi di 2.347 concerti e 6.814 performance musicali, fra 461 direttori d’orchestra si trovano 428 uomini e 22 donne, e fra i solisti la maggioranza è maschile con oltre il 60%.
Anche la lettura dei numeri che prendono in considerazione le opere di compositori e compositrici rilevano percentuali che attestano sottorappresentazioni di genere8. Ed è da pochi anni che, a parlare di musica classica, decifrarla e analizzarla non siano più, prevalentemente, uomini.
Nell’articolo Female composers largely ignored by concert line-ups del 13 giugno 2018, il quotidiano britannico The Guardian rileva che su 1.445 concerti di musica classica e contemporanea rappresentati sui palchi teatrali più prestigiosi del mondo, solamente 76 contenevano brani composti da una donna; e che sebbene il 40% di chi compone musica sia formato da donne, solo il 17% di loro trova spazio nelle liste degli editori musicali.Le convenzioni socio-culturali sono state a lungo un impedimento alle carriere femminili; l’ambiente musicale, in molti casi, è ancora compromesso da pregiudizi e stereotipi che intendono preservare un mondo maschile e ‘bianco’.
In alcuni casi, in particolare quando si devono assumere gli/le orchestrali, una delle modalità adottate per superare queste prevenzioni, è quella della “blind audition” (audizioni cieche): le performance si svolgono dietro un pannello per impedire alle commissioni di essere influenzate dal genere dell’artista. Stando allo studio Orchestrating Impartiality del 2000, le opportunità per le donne di essere assunte come orchestrali salgono del 25% se partecipano a una blind audition.
L’adozione di politiche e strategie per includere un maggior numero di donne in posizioni di potere o in ruoli chiave rischia però di tralasciare le basi culturali e strutturali che causano l’esclusione delle donne e non tiene conto delle molteplici modalità con cui esse partecipano effettivamente al mondo del lavoro. Nel 2014, Silvia Costa, giornalista e politica europea, pubblica Key Changes per le Donne nella Musica e nello Spettacolo dal vivo, risultato di una ricerca realizzata dalla Fondazione Donne in musica9 che documenta leggi, pubblicazioni e proposte prodotte dai Paesi Membri dell’UE e dalle istituzioni internazionali, riguardanti il mainstreaming di genere e la possibilità di accesso, per le donne, allo spettacolo dal vivo in generale e, in particolare, in ambito musicale10. Claire Bodin, ex clavicembalista, oggi direttrice artistica del Festival Présences Féminines di Tolone, grazie anche al sostegno di Sacem – Society of Authors, Composers and Music Publishers, nel 2020 realizza il database musicale gratuitoAsk Clara, un archivio di musica classica di genere con migliaia di opere di centinaia di compositrici di nazionalità diverse, dal 1618 al 2020, dedicandolo alla pianista e compositrice Clara Schumann.
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Il 7 giugno scorso ho assistito al concerto di Laurie Anderson al Pala De André di Ravenna che inaugurava la XXXIV edizione di Ravenna Festival. L’esibizione dell’artista statunitense, accompagnata dal gruppo newyorchese Sex Mob di Steven Bernstein, veterani della scena downtown di New York, è avvenuta in un territorio che da pochi giorni era stato colpito da un devastante evento climatico. Il giorno precedente il concerto, Laurie Anderson, in un’intervista, dichiara: «Sono sicura che sarà un’esperienza molto intensa essere a Ravenna, una città che sta affrontando ciò che molti di noi temono: l’inondazione della costa […]. Non possiamo tornare indietro e sistemare il passato. Non esiste più. Ma è un ottimo momento per cambiare le abitudini distruttive…». Artista eclettica, animatrice della scena d’avanguardia, nata come violinista, Laurie Anderson, nei suoi 50 anni di carriera è stata scrittrice, performer e regista, artista visiva, compositrice, musicista d’avanguardia, poetessa urbana, femminista. Let X = X – dall’album Big Science (1982), sintesi minimalista tra Steve Reich e Robert Ashley – è il titolo della performance portata a Ravenna, unica data italiana della tournée, un concerto potente ed evocativo, tra poesie apocalittiche, racconti dark, catarsi e meditazioni che hanno preso spunto da episodi di vita vissuta. Non propriamente un concerto di musica classica: la citazione di questa artista è forzata ma, su quel palco, la narratrice di storie Laurie Anderson è stata potente, libera e priva di stereotipi.
«Sì, io sono ottimista, e questo mio ottimismo non si fonda tanto sulla ragione o sull’osservazione della realtà si fonda su una libera scelta. La mia scelta è molto semplice: se sei ottimista verso il futuro, vivi meglio il mondo presente e soprattutto hai una migliore qualità della vita. E la vita va vissuta al meglio: il mio ottimismo ha questa origine, è una scelta, una libera scelta».
Laurie Anderson11.
Note
1 Pinuccia Carrer (Conservatorio di musica “G. Verdi” di Milano), Presenze femminili nella storia della musica: divagazioni sul tema, corso on line: Introduzione agli studi di genere, Modulo di I Livello – Herstory of Music. La creatività musicale femminile, C.I.R.S.De Università degli studi di Torino, 2012, https://www.cirsde.unito.it/sites/c555/files/allegatiparagrafo/28-04-2016/1._presenze_femminili_nella_storia_della_musica_carrer.pdf [data di visualizzazione: 25 agosto 2023].
2 Fabrizio Basciano, Le compositrici femminili nella storia della musica classica: da Maria Anna Mozart a Francesca Caccini, 10 dicembre 2015, in Il Fatto Quotidiano, https://www.ilfattoquotidiano.it/2015/12/10/compositrici-femminile-nella-storia-della-musica-classica-da-maria-anna-mozart-a-francesca-caccini/2274973/ [data di visualizzazione: 25 agosto 2023].
3 Cfr. Lucy Green, Music, Gender, Education, Cambridge, Cambridge University Press, 1997, pp. 21-140.
4 Cfr. Ilaria Giani, Musica Maestro! Il concerto degli stereotipi, 17 dicembre 2013, in inGenere, https://www.ingenere.it/articoli/musica-maestro-il-concerto-degli-stereotipi [data di visualizzazione: 25 agosto 2023].
5 Marco Boscolo, Poche donne nelle orchestre italiane: specchio dell’Italia, 8 marzo 2023, in il BoLive. Università di Padova, https://ilbolive.unipd.it/index.php/it/news/poche-donne-orchestre-italiane-specchio-dellitalia [data di visualizzazione: 25 agosto 2023].
6 Cfr. Paolo Viola, Le donne nella musica classica. La questione di “genere” non lascia indietro nessuno, 19 marzo 2021, in Arcipelago Milano, https://www.arcipelagomilano.org/archives/58072 [data di visualizzazione: 25 agosto 2023].
7 Ibidem.
8 Cfr. Stefano Nardelli, La parità di genere nelle orchestre è un miraggio. Due ricerche raccontano la “questione femminile” nelle orchestre tedesche, 12 marzo 2021, in Giornale della musica, https://www.giornaledellamusica.it/articoli/la-parita-di-genere-nelle-orchestre-e-un-miraggio [data di visualizzazione: 25 agosto 2023].
9 La Fondazione coordina una rete di 41.000 compositrici, musiciste, musicologhe in 108 paesi. La sua missione riguarda il mainstreaming, empowerment e capacity building per compositrici di ogni età, nazionalità, credo e genere di musica. Dal 1978, soltanto in Italia, ha programmato oltre 5440 lavori di donne da 79 paesi diversi. Dal 1978 FACDIM ha pubblicato 51 volumi in italiano, inglese, arabo, spagnolo, tedesco, francese, portoghese, croato, serbocroato e greco e ha creato online l’“Encyclopaedia of Living European Women Composers, Songwriters and Creators of Music”.
10 Cfr. Patricia Adkins Chiti, Che musica maestra!, 11 marzo 2015, in InGenere, https://www.ingenere.it/articoli/che-musica-maestra [data di visualizzazione: 26 agosto 2023].
11 Caterina Taricano, Laurie Anderson, l’arte e l’ottimismo come libera scelta, 11 agosto 2022, in Cinecittà News, https://news.cinecitta.com/IT/it-it/news/55/90714/laurie-anderson-l-arte-e-l-ottimismo-come-libera-scelta.aspx [data di visualizzazione: 25 agosto 2023].