di Marina Mannucci, nostra socia, studiosa e attivista in campo ambientale
Le forme della mobilitazione sono movimenti sociali che propongono alternative possibili, in termini sia di politiche sociali (in questo caso ambientali) che di sviluppo di modelli di democrazia partecipativa, capaci di aprire a cittadine/i canali di accesso alle decisioni politiche. Le rivendicazioni di giustizia sociale e climatica si sono rafforzate anche a seguito del Movimento per una Giustizia Globale che, a partire dalle forti critiche sollevate all’Organizzazione Mondiale per il Commercio a Seattle nel 1999, ha sviluppato un nuovo pensiero per un’“altra globalizzazione” possibile. Come già in passato il movimento operaio, i movimenti contribuiscono ad allargare, difendere e consolidare i diritti di cittadine/i, resistendo a tendenze illiberali, agendo come strumenti di controllo esterno e permanente contestazione realizzando una modalità d’azione d’intervento politico che consiste nella «prise de parole della società, la manifestazione di un sentimento collettivo, la formulazione di un giudizio su chi governa e sulle loro azioni, o ancora la produzione di rivendicazione» (Pierre Rosanvallon, La contre-démocratie. La politique à l’âge de la défiance, 2006).
Azioni, come prendere posizione, non stare a guardare, protestare, rientrano nella così detta militanza e presuppongono uno sguardo attivo e politico nei confronti del vivere. La crisi climatica in corso è un’occasione stimolante per riflettere con modalità inedite sulle potenzialità che racchiudono il libero arbitro e le scelte legate al modo di vivere, avvicinando e confrontando pensieri ed esperienze anche fuori da percorsi forzatamente antropocentrici. Peter Sutoris, docente presso l’Università inglese di York, nel volume Educating for the Anthropocene. Schooling and Activism in the Face of Slow Violence (2022) – recensito da Jennifer Bernstein sul Journal of Environmental Studies and Sciences (2023), s’interroga sulle potenzialità dell’attivismo e dell’educazione di sfuggire alla trappola della strumentalizzazione per contribuire alla trasformazione piuttosto che al mantenimento dello status quo (vedi Marco Petroni in “Artribune”, febbraio 2023).
Una lettura efficace per intendere il valore del formare generazioni di persone «le cui decisioni e azioni determineranno l’abitabilità del pianeta e la sopravvivenza degli esseri umani come specie».
Anche un’educazione permanente è fondamentale per rendere praticabile un necessario sforzo di immaginazione radicale. Mi capita spesso di essere interpellata in merito al senso della partecipazione alle dinamiche concrete del tessuto sociale sporcandosi le mani. A volte la domanda mi viene rivolta con sincero interesse, altre con malcelato senso di benevola presa in giro, altre ancora con esplicito senso critico. La richiesta alcune volte mi fa sorridere, altre volte lo scetticismo di chi rimane confinato nella torre d’avorio della sola critica mi irrita. Rispondere, esprimersi a parole comporta sviluppare pensieri e spiegare cosa significhi avere interesse nell’intrecciare identità sociali plurime che spesso permettono di scoperchiare tossici meccanismi di subalternità. Di fronte alla contraddittorietà e “sporcizia” delle crisi multiple prodotte dall’attuale sistema economico mi sembra quasi impossibile evitare di porre a critica l’esistente nel quale ci autoproduciamo e cercare una strada da costruire e perseguire che metta in conto la presa di distanza da agi intellettuali precostituiti. Si potrebbe riassumere come uno stato di serena disperazione in cui per pensare si ha bisogno di camminare e non di correre, un cammino che non può essere realizzato se non attraverso la militanza.
È grazie, anche, alla partecipazione attiva delle persone e delle realtà ravennati (tra queste l’Associazione Femminile Maschile Plurale e la Casa delle donne di Ravenna) che hanno aderito al Coordinamento Ravennate Per il Clima – Fuori dal Fossile se è possibile riempire, almeno in parte, il vuoto politico su tematiche ambientali e riguardanti la crisi climatica, massimizzando la pressione sulla politica e fornendo alle persone strumenti per esprimersi e agire con proteste, cortei, presidi… Il Coordinamento ravennate “Per il Clima – Fuori dal Fossile sta crescendo; alle associazioni ambientaliste, si sono aggiunte associazioni femministe, docenti, realtà culturali, gallerie d’arte, collettivi studenteschi. Militanza e attivismo, modalità partecipative e free-spaces per la prefigurazione di altre visioni del mondo, sono al tempo stesso inizio e mezzo per un indispensabile cambio di sistema, nella consapevolezza che: system change, not climate change.
Nel corso dell’estate il Coordinamento ravennate “Per il Clima – Fuori dal Fossile non si è fermato e ha lavorato per un autunno di impegno e di mobilitazione per la giustizia climatica e la salvaguardia del pianeta. Questo il testo che segnala la prima iniziativa in corso di preparazione.
Nel momento in cui anche il nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, assieme ad altri Capi di Stato, sente l’impellente necessità di lanciare un appello accorato affinché si agisca con urgenza per rallentare il più possibile e da subito l’ebollizione globale del pianeta (la definizione non è nostra, ma del Presidente delle Nazioni Unite António Guterres), a Ravenna e in altre parti del Paese il mondo economico e istituzionale procede, quasi compatto, come se nulla fosse e la crisi climatica non esistesse.
Così, dopo aver deliberato – proprio l’indomani della devastante alluvione – la cementificazione di svariate altre decine di migliaia di metri quadri di suolo e, dopo aver avviato i lavori propedeutici a ospitare e mettere in funzione il rigassificatore “BW Singapore” (che darà un valido contributo al peggioramento della qualità dell’aria, all’aggravamento del surriscaldamento globale e al rischio incidenti), i poteri locali rilanciano il vertice OMC – Offshore Medenergy Conference and Exhibition, la “manifestazione dell’energia”; una kermesse che periodicamente porta a Ravenna i massimi esponenti del mondo dell’estrattivismo oil&gas.
Come ampiamente annunciato dai mezzi di comunicazione, il vertice OMC si propone per affrontare le tematiche della transizione ecologica, decarbonizzazione e sostenibilità. Esprimiamo seri dubbi che persone e aziende, protagoniste dei lavori del vertice, abbiano intenzione:
– di ribadire quello che la scienza va dicendo ormai da decenni, e cioè che le emissioni climalteranti sono in grandissima parte correlate alle attività estrattive e a tutta la filiera dell’utilizzo delle fonti fossili, e che il metano è uno dei gas maggiormente climalteranti;
– di proporre lo stop ai sussidi che, con sperpero di denaro pubblico, garantiscono risorse, profitti e potenza alle aziende protagoniste dell’estrattivismo;
– di chiarire che il consumo del gas sta costantemente diminuendo da alcuni anni, e che, di conseguenza, gli ingenti investimenti in nuove strutture metanifere (non solo i rigassificatori, ma anche i nuovi enormi gasdotti, il potenziamento e l’estensione delle trivellazioni, i depositi di GNL e altro ancora) sono totalmente ingiustificati;
– di sentir dire che le aziende e le competenze che si occupano dell’energia debbano essere trasferite dall’ambito del profitto a quello dei beni comuni;
– di ammettere che la contesa per il controllo delle risorse energetiche contribuisce enormemente ad aggravare le tensioni geopolitiche, e quindi l’insistenza a potenziare senza limite i flussi energetici legati alle fonti fossili non farà che mortificare le possibilità della Pace, in innumerevoli aree del Pianeta;
– di convergere in un grande piano per una produzione energetica decentrata diffusa, controllata democraticamente e governata anche dal basso, basata sul passaggio graduale ma deciso e irreversibile al sistema delle rinnovabili e in particolare delle comunità energetiche, sostenibili e solidali.
Nel prossimo mese di ottobre, contestualmente allo svolgimento del vertice Omc-Med Energy, il movimento ambientalista e le realtà femministe del territorio saranno nelle strade e nelle sale della città per manifestare la propria volontà di contrasto alla deriva fossile che in mille modi ci sta distruggendo. Oltre alla presenza fisica nei pressi della sede in cui si riunirà la fiera internazionale, costruiremo occasioni di studio, approfondimento e discussione con tutte le persone interessate al futuro, con la presenza di esperti del mondo scientifico e rappresentanti di varie comunità territoriali anch’esse in lotta, per fare il punto della situazione, esaminare le correlazioni esistenti tra la catastrofe climatica e la generalità dei drammi ambientali (come le recenti alluvioni) e approfondire le possibilità già oggi esistenti delle alternative energetiche.