Après moi, le déluge?

Allora, se è così, INSORGIAMO!

Il grido di dolore di Tomaso Montanari. E il nostro

Après moi, le déluge. Senza l’interrogativo, questo motto ha qualche anno. Anzi, molti, anche se di origine incerta, ma di significato chiaro. Furono parole di Luigi XV, dopo una sonora sconfitta da parte dell’esercito prussiano, a metà Settecento? Furono parole dette a lui da Madame de Pompadour per consolarlo? Come dire, che ci importa, quando saremo morti? Oppure, visto che si stava avvicinando la cometa Halley, incolpata a suo tempo del biblico diluvio universale , si temeva di nuovo il peggio? Un diluvio si stava avvicinando, ma non a questo si riferivano i due regali amanti. Il diluvio arrivò nel 1789. E poi a partire dal 1848, una fantasma si aggirò per l’Europa, che tutto voleva fuorché diluvi universali. Ma Marx, ne “Il Capitale”, recuperò l’espressione e disse che era il grido di battaglia di ogni capitalista.  Se ne accorsero i popoli di tutto il mondo quanto forze incontenibili giocassero pesantemente con le vite bruciate come banali fiammiferi in guerre sempre più distruttive.

Quindi, le dèluge non è una novità, anche se noi europei, durante qualche decennio spensierato, pensavamo che dai diluvi fossimo definitivamente protetti. Perché, poi, proprio noi? Immersi come siamo, noi europei “razionali”, civili e presuntuosi, in un pensiero magico e inconsapevole.

Ma la novità c’è, ed è orrenda. Ben presente, come ricorda Tomaso Montanari, ai grandi Russel e Einstein, già negli anni Cinquanta. La novità è l’atomica, usata per la prima volta dagli  americani, notoriamente razionali. Fu una grossa sorpresa. Come, i liberatori, maestri di democrazia? Rincorsa poi, l’atomica,  da tutte le potenze, dagli anni Cinquanta in avanti. Fermata, per un po’, da Bush padre e da Gorbaciov, e ora di nuovo diventata incombente, in un annunciato gioco, un tragico ping pong, fra Putin, imperdonabile ( ma una volta non era un comunista?) e l’Ovest, diversamente ma egualmente irresponsabile.

Ma chi siete voi, potenti della terra? Come vi permettete di giocare a scacchi con le nostre vite? Che vi importa? E’ così? Dopo di voi il diluvio? Di nuovo?

C’è un passo in un libro bellissimo di Christa Wolf  “Cassandra” (1983) che mi tambura nella testa in questi giorni e da mesi. Un passo che è la sintesi del pensiero di Christa Wolf, che dà una sua lettura, sicuramente femminista, della guerra di Troia, lettura inaudita, rispetto ad ogni precedente tradizione. L’Iliade, il poema della forza, come con grande acume disse Simone Weil. L’Iliade fonda una certa passione per la guerra, per  il valore dell’eroismo e dell’onore, costi quel che costi, che attraversa l’Occidente, non solo ma soprattutto l’Occidente. Il passo dice, a proposito di eroismo e di onore “ Tra uccidere e morire, c’è una terza via, vivere”. Cassandra inascoltata. Lo scrive anche Omero, ma con intenzioni diverse dalla nostra. E la   tradizione avviata da Omero continua.

Oggi, cosa possiamo dire? La follia governa il mondo?

Prima che il diluvio accada, se ce ne è dato il tempo, dovremo nel mondo intero, da nord a sud, da est a ovest, all’unisono, fare salire un URLO.

Ma chi siete voi, potenti della terra? Come vi permettete di giocare a scacchi con le nostre vite?

Per come sono fatta, mi è impossibile maledire.  Ma, almeno, prepariamoci , come dice Tomaso Montanari, a INSORGERE.

Paola Patuelli

8 ottobre 2022

È il nostro turno: insorgiamo contro la minaccia atomica

Basta – Fermare la follia di Putin e il bellicismo irresponsabile dell’occidente

di Tomaso Montanari- Fattoquotidiano 6 Ottobre

Il momento di scendere in piazza, in massa, è ora. Se davvero la nostra libertà, quella che distingue le democrazie occidentali dall’autocrazia russa, è ancora viva e vitale, è inconcepibile non usarla. È inconcepibile la passività con la quale noi, uomini e donne dell’Occidente, camminiamo sull’orlo dell’abisso nucleare.

È sempre sconvolgente leggere le cronache dei momenti che hanno segnato tragicamente la storia. In certi casi la folla inneggiava alle dichiarazioni delle guerre che presto le avrebbero decimate. Più spesso la vita continuava con leggerezza, si finiva danzando tra le braccia della morte. Ebbene, oggi è il nostro turno. La follia omicida di Vladimir Putin e l’irresponsabile bellicismo delle cancellerie occidentali stanno trascinando l’umanità verso una catastrofe. Ormai l’uso di armi nucleari nei prossimi giorni è accreditato come possibile, se non probabile. Ma a dispetto delle dichiarazioni e dei calcoli (spesso allucinanti) degli esperti, nessuno davvero sa cosa succederebbe dopo il lancio di una prima atomica, anche ‘solo’ tattica. Quanto velocemente brucerebbe la miccia, in tutto il mondo? Con quanto margine per eventi imprevisti, per errori, per l’imponderabilità del caso? Stiamo per buttare un fiammifero in un deposito di benzina: davvero sappiamo cosa succederà un attimo dopo?

Nel 1955 un manifesto promosso da Bertrand Russell e Albert Einstein diceva: “In considerazione del fatto che in una qualsiasi guerra futura saranno certamente usate armi nucleari e che queste armi minacciano la continuazione dell’esistenza umana, noi invitiamo i governi del mondo a rendersi conto, e a dichiararlo pubblicamente, che il loro scopo non può essere ottenuto con una guerra mondiale, e li invitiamo di conseguenza a trovare i mezzi pacifici per la soluzione di tutti i loro motivi di contesa”.

Quel futuro è ora: l’ottobre del 2022. Nella premessa di quella risoluzione, quei due giganti del pensiero pacifista avevano scritto: “Il mondo è pieno di conflitti, tra cui, tralasciando i minori, spicca la titanica lotta tra Comunismo e Anticomunismo. Quasi chiunque abbia una coscienza politica nutre forti convinzioni a proposito di una di queste posizioni; noi vogliamo che voi, se è possibile, mettiate da parte queste convinzioni e consideriate voi stessi solo come membri di una specie biologica che ha avuto una ragguardevole storia e di cui nessuno di noi desidera la scomparsa”.

Oggi dobbiamo dire: è in corso una lotta tra Occidente e Russia (e Cina). Ciascuno di noi umani ha un giudizio più o meno chiaro circa i torti e le ragioni. Ma ora è il momento di pensare come appartenenti all’unica vera patria, il mondo; all’unica vera nazione, l’umanità. In un conflitto atomico nessuna ragione potrà prevalere: solo la morte vincerà.

Come ha detto il papa parlando ai ragazzi dell’emergenza climatica, questo è il momento di fare chiasso. È il momento di uscire di casa, di andare per strada, chiedendo ai nostri governi democratici di ascoltare la voce dei loro popoli. I cuori pulsanti delle democrazie sono i parlamenti, ma ci sono dei momenti così gravi da pretendere che il popolo faccia sentire direttamente la propria voce: in questo caso, la propria voglia di vivere.

Nelle ultime ore in Italia molti appelli e molte voci individuali invitano alla mobilitazione, e un leader di primo piano come Giuseppe Conte ha fatto suo questo invito. È un passo importante. Ma deve essere soprattutto la società a insorgere: le associazioni, i sindacati, le chiese, le studentesse e gli studenti. C’è qualcosa di insopportabile nel vivere questi giorni come giorni qualunque, quando potrebbero essere davvero i nostri ultimi giorni: gridiamo ai nostri governi che le Costituzioni che li legittimano nascono per difendere i popoli, non per estinguerli. Diciamo loro: l’opzione della guerra nucleare non è un’opzione. E non basta non cominciarla, è vitale fare di tutto (e anche di più) per non indurre l’altro fronte a cominciarla a sua volta. Svegliamoci oggi da questa abulia, domani sarà tardi!

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