Vale veramente la pena soffermarsi su questa riflessione di Giancarla Codrignani, pubblicata poco dopo l’elezione del Presidente della Repubblica. Dopo vergognose giornate di uso e abuso di “è tempo di una donna al Quirinale”. E di abuso della nostra pazienza. Quale donna è uscita dal cappello? La responsabile dei servizi segreti. Incredibile ma vero. Avremmo avuto un Presidente del Consiglio di professione personale banchiere, e una presidente della Repubblica esperta di servizi segreti. L’ennesimo paradosso di questa nostra ineffabile Repubblica. Meno male che Mattarella ha di nuovo detto sì, pur con tutte le ambiguità – non imputabili a Mattarella – che questo comporta.
Codrignani ricorda alcuni momenti della sua esperienza di parlamentare, negli anni Ottanta. Dell’8 marzo, con Pertini. Episodio divertente. Di un’aula parlamentare vuota, durante un suo intervento sulla convenzione ONU Contro tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne. Ora, dopo decenni, dalle nostre parti mediterranee le Istituzioni sono maschili anche se i numeri di donne che vi siedono sono aumentati. E’ solo una questione di numeri? Le Istituzioni sono di per sé neutre o rispondono a un modello patriarcale, chiunque le abiti? Sarà per questo che vediamo donne leader soprattutto in partiti di destra? E la sinistra è silente anche su questo, come su molto altro? Che dire di una autorevole donna del passato, Madeline Allbright, che Giancarla Codrignani ricorda in chiusura? Ritornò ad essere donna quando andò in pensione. Quanto all’Armageddon, non so …
Giancarla è, per me, un esempio alto di come si può stare nella spazio pubblico – Istituzioni, associazioni o agorà – senza mai dimenticare di essere donna, e femminista.
Paola Patuelli
LE RAPPRESENTANZE: DI CHI?
Noi Donne, 01.02.2022
Giancarla Codrignani
Scusate l’autobiografismo, ma il Sandro Pertini di una volta usava ricevere al Quirinale l’8 marzo le parlamentari. Visita che non divenne una consuetudine programmata dal cerimoniale, nell’interpretazione del vecchio gentiluomo che personalizzava il saluto: riconoscendo le compagne socialiste non rinunciava a una battuta sulla politica del partito. Conosceva mio padre dai tempi dell’antifascismo e la prima volta mi fece sedere alla sua destra, posto riservato alla vicepresidente della Camera. Si congratulò per la crescita di “potere” delle donne: “avete la Thatcher…”. Mentre io borbotto “tanto la Thatcher è un uomo”, lui si volta a guardarmi “Eh no, mia cara: io l’ho vista da vicino ed è una bella donnotta”, mentre Maria Eletta Martini vicepresidente mi dà di gomito “non replicare”…. Questo è, per esperienza il meglio circa la differenza di genere per un bravo presidente della Repubblica.
Quanto all’aula del Parlamento, quando l’Italia adottò la Convenzione Onu Contro tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne (14 marzo 1985) , fu scelto un lunedì (aula vuota, i parlamentari al lavoro nei collegi). Dopo brevi interventi di circostanza per il Psi e di una compagna per il Pci, per la sinistra indipendente c’ero io, sola e furiosa: era un atto di valore simbolico atteso dalle donne, un investimento sprecato da partiti che non tenevano conto neppure del voto femminile. Mi presi tutto il tempo concesso, improvvisando per, credo, 45 minuti da un banco di prima fila presidiato da due rappresentanti d’aula, Labriola e Pochetti che in piedi davanti al mio microfono mi sollecitavano a finire. Resta agli atti, ma non è stato solo un intervento formale. Era una protesta.
Oggi un argomento del genere meriterebbe probabilmente una plenaria “di genere”, con interventi di deputate e senatrici. Ma ci sono segnali di una specificità capace di riformare le politiche? Siamo state tirate in ballo nientemeno che per la Presidenza della Repubblica. Senza nessuna menzione del 52 % dell’elettorato rappresentato dal Parlamento e titolare di diritti che si dicono pari. E’ stato praticato l’ignobile gioco di presentare Berlusconi, impresentabile più per le leggi ad personam che per l’immoralità, ma nessun partito ne ha condannato lo scandalo in nome della dignità di un intero genere.
Non ci siamo. Abitiamo le istituzioni, ma non sono casa nostra. Obbligate a partecipare ad un potere che non si riforma, che si allarga perché siamo brave “come un uomo”: le più giovani debbono stare attente a non dare spago al patriarcato. Anche perché qualcosa si muove: la sinistra dovrebbe riflettere, perché le donne stanno emergendo alla guida dei partiti. In prevalenza di destra.
E c’è il fenomeno nuovo del voto di molti paesi europei, che premia le donne. In Europa Danimarca, Estonia, Finlandia, Georgia, (Germania), Gran Bretagna, Islanda, Lituania, Norvegia, Serbia, Slovacchia, Svezia hanno consegnato il governo a una donna e l’Estonia è l’unico paese al mondo che ha voluto che sia donna tanto il Capo di Stato quanto il Capo di Governo. L’informazione non ha mai evidenziato questa crescita: nessun dato fa capire quale sia l’incidenza dei generi dell’elettorato, se votano-donna più gli uomini o le donne. Le italiane non sono mai state innamorate di un voto settario in nome del genere: sanno che le istituzioni resistono a riforme che dovrebbero esigere una diversa impostazione, ma i partiti di sinistra dovrebbero prestare attenzione alla novità di donne che governano il partito. Sono tutte di destra. Ci rassegniamo o ci diamo una mossa? Le più giovani sono pronte alle rivendicazioni di posti: stiano attente a non adeguarsi al modello unico che riconduce al patriarcato… Forse è tempo di nuove esperienze e di indipendenza dalle gerarchie che ci aprono le porte senza cambiare stile.
Forse vale la pena di un confronto con l’esperienza di una veterana come Madeline Allbright, che quando era sottosegretaria di Stato degli Usa sembrava un “falco” e che da quando è andata in pensione ha rivelato il suo femminismo occultato per dovere. Racconta che la prima volta che partecipò al Consiglio di sicurezza dell’Onu, vedendosi seduta al tavolo con 14 uomini, si era domandata “ma che ci faccio io qui?”. Incontrando altre donne presenti nelle istituzioni di altri paesi e dotate di autorità, trovava comune la percezione del limite che obbligava ad adeguarsi al modello maschile: “le cose cambieranno quando le donne di governo saranno tante e potranno voltare pagina dei ruoli. Se consideriamo quello che succede in Ucraina e al piacere che induce i maschi alle sfide e ai venti di guerra, come parteciperebbero al conflitto i governi retti da donne?
La Allbright dice che sono le donne che impediranno Armageddon….